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IDN Global News

Resistere all’erosione del TNP per liberare il mondo dalle bombe atomiche

Fatiscente panorama della sicurezza in vista della Conferenza di riesame del 2020

Foto: Sergio Duarte, allora Alto rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo, che apre la 6^ Conferenza per la facilitazione dell'entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), il 24 settembre 2009, a New York. Foto n.411972. Crediti: Foto delle Nazioni Unite / Sophia Paris.

Il punto di vista di Sergio Duarte

L’ambasciatore Sergio Duarte è il presidente delle Conferenze di Pugwash sulla scienza e gli affari mondiali, nonché un ex alto rappresentante delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo. È stato presidente della Conferenza di riesame del Trattato sulla non proliferazione del 2005.

NEW YORK (IDN) – Il prossimo 50° anniversario dell’entrata in vigore del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) offre l’opportunità di cercare insegnamenti da trarre dalla sua storia e dai cicli di riesame.

L’esperienza acquisita nei cinquant’anni dell’esistenza di questo strumento dovrebbe essere presa sul serio da tutti i membri della comunità internazionale. I progressi nel disarmo nucleare sono un elemento essenziale per prevenire un’ulteriore erosione dell’attuale architettura del disarmo e della non proliferazione.

È utile iniziare ricordando la Risoluzione 2028(XX) dell’Assemblea Generale. Adottata all’unanimità nel 1965, stabiliva i principi su cui basare la negoziazione del TNP. Secondo tale risoluzione, il trattato da negoziare non dovrebbe permettere alle sue Parti il proliferare delle armi nucleari, direttamente o indirettamente, in alcuna forma; dovrebbe rappresentare un equilibrio accettabile di responsabilità e obblighi sia delle Parti nucleari che di quelle non nucleari; dovrebbe, infine, essere un passo verso il raggiungimento del disarmo generale e completo e, più in particolare, del disarmo nucleare.

Le diverse Parti continuano a nutrire opinioni divergenti sia sul modo in cui tali principi sono stati espressi nella lettera del trattato, che sul modo in cui sono stati resi effettivi.

I cinquant’anni dell’esistenza del TNP sono stati disturbati da una persistente mancanza di convergenza tra le Parti su diverse questioni, importanti per la sua attuazione. Una delle conseguenze di questo stato di cose è stata che, cinque delle nove Conferenze di riesame  tenute finora, non hanno potuto adottare raccomandazioni di consenso sulla sostanza, nei loro documenti finali. Nella maggior parte dei casi, tali documenti registrano disaccordi, piuttosto che posizioni comuni.

Nonostante ciò, la storia di tali Conferenze mostra che un accordo sostanziale sui progressi nel disarmo è effettivamente possibile. Nel 2000 ci fu un consenso su “Tredici passi pratici” e sull'”impegno inequivocabile” da parte degli stati dotati di armi nucleari per raggiungere il disarmo nucleare. Nel 2010 la Conferenza di riesame riuscì ad adottare un piano d’azione, che prevede misure significative per l’eliminazione delle armi nucleari e azioni raccomandate per la creazione di una zona libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente, in seguito alla risoluzione adottata quindici anni prima.

La prospettiva di passi concreti in tale direzione fu un elemento cruciale per raggiungere l’estensione indefinita del trattato nel 1995. Sfortunatamente, non è mai esistita una reale volontà politica di attuare concretamente tali accordi. La Conferenza di riesame del 2010 registrò anche la preoccupazione unanime delle Parti per le conseguenze “catastrofiche” di una detonazione nucleare.

Purtroppo, come accaduto in precedenza, anche la III sessione del Comitato preparatorio, dal 29 aprile al 10 maggio 2019, si è conclusa senza l’adozione di raccomandazioni sostanziali per la prossima Conferenza di riesame, che si terrà presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York, dal 27 aprile a 22 maggio 2020. Le posizioni trincerate, insieme a una rinnovata sfiducia e aperta ostilità tra le Parti, hanno impedito il sostegno a una proposta di relazione contenente tali raccomandazioni sostanziali.

Il presidente, l’ambasciatore della Malesia Syed Md Hasrin Syed Hussin, seguendo l’esempio dei precedenti Comitati preparatori, ha diffuso il suo succinto “Riflessioni del presidente della sessione del Comitato preparatorio del 2019” sotto la sua autorità e responsabilità, che può essere considerato come un minimo comune denominatore delle opinioni delle Parti.

Negli ultimi cicli di riesame, i presidenti dei comitati preparatori hanno anche fatto circolare le loro opinioni sui risultati delle discussioni. Questa pratica ha talvolta generato accesi dibattiti sul contenuto e lo stato di tali documenti, e denota la mancanza di una comprensione più chiara della natura e dello scopo dei dibattiti preparatori.

La maggior parte dei punti contenuti nelle “Riflessioni” del presidente godrebbe certamente dell’appoggio generale, in particolare la menzione alla convinzione delle Parti che il TNP è la base del regime di disarmo nucleare e di non proliferazione, e che questa convinzione deve essere mantenuta e rafforzata. Viene inoltre evidenziato il contributo positivo del trattato alla stabilità strategica, nonché l’importanza dell’equilibrio tra disarmo, non proliferazione e usi pacifici dell’energia nucleare.

Il documento del presidente riconosce la necessità di conciliare le diverse opinioni sull’attuazione del pilastro del disarmo. Questa è certamente l’opinione di un’ampia maggioranza delle Parti. In assenza di un documento sostanziale della PrepCom, è auspicabile che l’approccio costruttivo delle “Riflessioni” guidi le discussioni e le considerazioni alla Conferenza di riesame.

Il III Comitato preparatorio del 2019 è stato in grado di raggiungere un consenso sulle raccomandazioni procedurali, in particolare sulla nomina dell’ambasciatore Rafael Mariano Grossi in Argentina, come presidente della X Conferenza di riesame. L’ambasciatore Grossi ha annunciato la sua promessa a impegnarsi immediatamente nelle consultazioni con le Parti del trattato, sulle questioni in discussione.

Il Comitato ha inoltre adottato l’ordine del giorno proposto per la Conferenza, insieme ad altre questioni organizzative. In questo modo, il lavoro competente, svolto dal presidente e dal segretariato, ha chiarito il percorso verso ciò che le Parti sperano possa essere una Conferenza di riesame di successo nel 2020.

La storia delle precedenti sessioni dei Comitati preparatori mostra che, le sostanziali divergenze di fondo tra le diverse Parti hanno, a volte, causato irritanti difficoltà procedurali. Ad esempio, l’incapacità del Comitato preparatorio del 2004 di concordare la formulazione dell’ordine del giorno della Conferenza di riesame del 2005 è stata all’origine del fallimento di quest’ultima.

La principale divergenza, allora, si concentrò su quali documenti finali delle Conferenze precedenti avrebbero dovuto essere presi in considerazione nel riesame di quell’anno. Dopo due settimane di sterile dibattito, la questione fu finalmente risolta mediante l’apposizione di una nota in calce all’agenda, che affermava quanto era ovvio: le delegazioni avevano il diritto di sollevare qualsiasi questione avessero ritenuto rilevante per il riesame.

Una difficoltà analoga a concordare un programma per l’ordine del giorno si avvertì nel 2007, ma, a quel tempo, fu trovata una soluzione simile a quella del 2005, dopo un breve periodo di discussioni. Da allora, i cicli preparatori per le due successive Conferenze di riesame hanno evitato di cadere nella stessa trappola e hanno trovato un accordo tempestivo sulle raccomandazioni procedurali richieste. Difficoltà di questo tipo non dovrebbero ostacolare il lavoro preparatorio in futuro.

Per quanto riguarda la sostanza, tuttavia, permane un sentimento di frustrazione tra un considerevole gruppo di Parti, che sottolineano che, dopo 50 anni, gli stati dotati di armi nucleari non hanno adottato le misure concrete di disarmo nucleare previste dal trattato. La percezione di una mancanza di impegno per l’attuazione del suo Articolo VI ha portato alla proposta, alla negoziazione e all’adozione, nel 2017, del Trattato per la proibizione delle armi nucleari mirante alla loro eliminazione (TPNW).

I sostenitori di questo strumento stanno promuovendo attivamente la sua entrata in vigore e sperano che, a tempo debito, diventerà parte del diritto internazionale positivo. Un atteggiamento più ragionevole da parte di coloro che, fino ad ora, si sono opposti, sarebbe, quanto meno, riconoscere l’esistenza e la rilevanza del TPNW, come un rafforzamento degli impegni di non proliferazione contenuti nel TNP, nonché un percorso verso il disarmo nucleare, obiettivo che i dileggiatori del TPNW dicono di voler raggiungere.

Il TPNW non è incompatibile con il TNP, infatti, unitamente al Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) e alla creazione di zone libere da armi nucleari, rafforza l’impegno delle sue Parti alla non proliferazione. Evidenzia inoltre il persistente rifiuto della stragrande maggioranza della comunità internazionale all’ultima e terribile categoria di armi di distruzione di massa non ancora vietata. Questi potenti richiami rendono difficile comprendere la feroce resistenza che, le proposte di vietare le armi nucleari, hanno sempre incontrato da parte di chi le possiede.

Diversi segni inquietanti rivelano una pericolosa erosione della struttura degli accordi bilaterali tra i maggiori possessori di armi nucleari. Nei forum multilaterali sul disarmo e la non proliferazione non si vedono progressi concreti, da oltre vent’anni. Le norme concordate nel campo del controllo degli armamenti sono state respinte e sostituite da decisioni unilaterali. La credibilità del sistema di verifica della Convenzione sulle armi chimiche è stata messa in dubbio. Gli standard stabiliti dal Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, sebbene non ancora formalmente in vigore, sono stati contestati da sospetti finora infondati.

I principali Stati possessori di armi nucleari non sembrano interessati a impegnarsi, l’uno con l’altro, alla ricerca di intese che potrebbero portare a ulteriori progressi nel controllo degli armamenti e nel disarmo. Si teme che, presto, i due stati più ricchi di armamenti non avranno vincoli bilaterali legalmente vincolanti, per quanto riguarda le dimensioni e il dispiegamento di armi nucleari. La concorrenza e le applicazioni tecnologiche innovative, in corso di sviluppo in alcuni stati possessori di armi nucleari, per aggiungere nuove capacità alle loro forze militari, costituiscono una pericolosa ripresa della corsa agli armamenti.

L’assenza di progressi nella creazione di una zona libera da armi di distruzione di massa in Medio Oriente rappresenterà, ancora una volta, un ostacolo importante alla prossima Conferenza di riesame. Gli osservatori tendono ad essere d’accordo sul fatto che le prospettive di un esito positivo nel 2020 sembrano più cupe che in qualsiasi altro momento nel passato.

Un recente rapporto di un gruppo di eminenti personalità, convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha concluso che lo stallo sul disarmo nucleare non è sostenibile e che non è nell’interesse di nessuno stato permettere che le basi dell’ordine nucleare globale crollino. In effetti, avverte, “il divario tra tendenze opposte nel disarmo è diventato così forte, che gli stati con punti di vista divergenti non sono stati in grado di impegnarsi significativamente l’un l’altro, su questioni chiave”.

Esiste una comprensibile preoccupazione per le proposte e gli atteggiamenti recenti, che rischiano di procrastinare, piuttosto che anticipare, il raggiungimento degli obiettivi del Trattato. Al III PrepCom è emerso chiaramente che, persino un “approccio graduale”, sostenuto per decenni, non è più visto dai suoi sostenitori come in grado di fornire risultati.

A questo punto, sembra difficile vedere come una discussione multilaterale di un gruppo selezionato di stati, sulla creazione di un ambiente favorevole al disarmo nucleare, possa portare a dei progressi. A suo tempo, circostanze sfavorevoli non impedirono la concezione, la negoziazione e l’adozione degli strumenti esistenti nel campo del disarmo e della non proliferazione, incluso il TNP stesso.

Gli stati partecipanti al TNP devono guardare alle lezioni del passato e prestare attenzione ai segni del presente. Esiste un chiaro e reale pericolo di un ulteriore deterioramento dell’architettura globale di pace e sicurezza collettiva, che potrebbe anche influire sulla credibilità e stabilità del TNP. A tal riguardo, è essenziale che tutte le Parti rispettino i loro obblighi .

È importante sottolineare che, nelle sue “Riflessioni”, il presidente del III PrepCom osserva che i più punti di convergenza, nelle opinioni dei diversi stati, superano di gran lunga le divergenze. Indipendentemente da quanto queste ultime possano essere profonde e difficili da conciliare, gli stati partecipanti dovrebbero ascoltare il consiglio del presidente di arrivare a un dialogo aperto, inclusivo e trasparente, se non altro per quanto riguarda la civiltà e la diplomazia, che prevalga nella Conferenza di riesame del 2020 e oltre.

Tutte le Parti del TNP desiderano fortemente evitare due conferenze di riesame fallite di fila, e devono cooperare, in buona fede, al fine di prevenire le conseguenze negative della diminuzione della fiducia e della credibilità della struttura degli accordi internazionali nel settore del disarmo e della non proliferazione. L’alternativa è semplicemente non accettabile. [IDN-InDepthNews – 17 giugno 2019]

Foto: Sergio Duarte, allora Alto rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo, che apre la 6^ Conferenza per la facilitazione dell’entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), il 24 settembre 2009, a New York. Foto n.411972. Crediti: Foto delle Nazioni Unite / Sophia Paris.

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